Il mio regno per un episodio

Roberto Beccantini29 giugno 2021

Non era Kinshasa, non era Ali contro Foreman, ma era pur sempre il nostro «mondiale» dei pesi massimi. Inghilterra-Germania. A Wembley, con 45 mila a sbraitare. Ha vinto la solida Albione: 2-0. Nessun dubbio che Southgate (7) bene abbia fatto a inserire, a un certo punto, Grealish (6,5), la sua pila. Ha contribuito all’azione del gol di Sterling (7 meno), rifinita dal tocco dell’indiavolato Shaw (7), e firmato l’assist per il raddoppio di Kane (7). Harry, sin lì, era ancora a zero. Faceva lo sherpa, scalava gli speroni più impervi, attendeva e rifocillava i colleghi, in versione «generoso Graziani».

Il punto è un altro. Non il centravanti spazio o lo spazio tout court. Non l’addio di Loew (8), vice campione d’Europa nel 2008 e campione del mondo nel 2014 con quel prefisso là, 7-1, che i brasiliani comporranno finché campano. Non le lavagne dei circhi, e neppure i «corti musi» dei tirchi. Non la mossa che spiazza o il cambio che sabota. Non i geni ai quali dedichiamo correnti filosofiche ma poi guai se, sul mercato, non gli prendiamo questo o quello.

Il punto è l’attimo. Un pugno di minuti dopo aver sbloccato il risultato, Sterling imbecca, per caso e per sbaglio, Havertz (6,5). Il quale, per scelta, serve Thomas Muller (4). La difesa sta uscendo, il tedesco è solo, arriva davanti a Pickford (7) e lo sfida. Un rigore in movimento. Sterling si tiene la testa, come se avesse già visto «quel» film e ne conoscesse il finale.

No, era un altro. Si perde a fil di palo, il proiettile di Muller. E il destino si compie. Raddoppierà Kane, Pickford potrà pensare, serenamente, alle belle parate su Werner (5) e Havertz; Hummels (6,5), a un paio di acrobazie salvifiche; i tabloid, a una «guerra» vinta, finalmente, in un tripudio di vignette e sfottò.
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Cucù

Roberto Beccantini29 giugno 2021

I confini sono due rigori: quello che Rodriguez si fa parare da Lloris in avvio di ripresa, sull’1-0, e quello che, a fine partita, Sommer mura a Mbappé. Vince la Svizzera, la Francia è fuori già negli ottavi. La Francia campione del mondo e vice campione d’Europa, champagne per venti minuti e, per il resto, sempre a raccogliere briciole, a sciupare avanzi, a specchiarsi. E’ il suo vizio, quel sangue (troppo) blu che spesso le dà alla testa.

Petkovic, voto 8, ha spazzolato Deschamps, 6 scarso. D’accordo, a Didier mancava un terzino sinistro di ruolo (fuori, per infortunio, Lucas Hernandez e Digne), ma perché quei tre stopperoni per un tempo (Varane 4, Lenglet 4, Kimpembe 5), invece del 4-2-3-1 della ripresa, Rabiot (6,5) terzino-ala, Coman (6,5) al posto di Lenglet e un calcio magari avventuroso, però «un» «calcio»?

La Svizzera, che gli azzurri avevano stordito all’Olimpico, avrebbe meritato di vincere ben prima della «lotteria» e persino della traversa timbrata da Coman al 94’. La partita, trascinante comunque, per emozioni e omissioni, girava attorno a Xhaka, regia da 8, e Freuler (7). Al loro ritmo, con le loro pause: uomini di ferro su navi di legno (Shaquiri 6,5, addirittura) contro uomini di legno su navi di ferro. Il gol di Seferovic, un altro 8, non era una pallottola nel buio: suggellava una sparatoria.

E la douce France, cher pays de mon arrogance? Sempre a inseguire un’idea, sempre a chiedersi «pourquoi». Poi Coman. Poi il penalty che avrebbe potuto sotterrare l’ordalia e invece no, poi una ventina di minuti da Dom Perignon, Mbappé-Benzema gol, Griezmann-Benzema gol, dal 59’ al 61’, la pennellata di Pogba. Petkovic, impassibile, è ricorso ai cambi, ha corretto il modulo,
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Fratelli serpenti

Roberto Beccantini27 giugno 2021

Saranno i terzi al mondo e non i campioni d’Europa uscenti (e usciti, ormai) a sfidare l’Italia nei quarti, venerdì a Monaco. Ha risolto una folgore di Thorgan Hazard (7), fratellino di Eden (7+), in un momento di calma ambigua, quando le fiere, in campo, non avevano ancora deciso cosa fare l’una dell’altra. Un dribbling di Courtois (7) su Cristiano, l’azione a ribaltare, il missile. Belgio uno Portogallo zero a Siviglia. Per un tempo, partita bloccata, molti scacchi e poche scosse: alla ripresa, dall’ingresso di Joao Felix (6,5) in poi, più Portogallo che Belgio. Il palo di Guerreiro, le parate di Courtois (contro il senza voto di Rui Patricio, ebbene sì), molta polvere da sparo (dalle parti di Pepe, 6,5, soprattutto) e un po’ di polvere di stelle: Cristiano (6,5), Lukaku (6). Non è stata la loro notte. Cristiano, a caccia di attimi e munizioni; Lukaku, a liberare il forte dall’assedio, solo contro molti. A 36 anni, il marziano non aveva domani. Lascia con 5 gol: non è che abbia sprecato l’occasione: non ci è riuscito. Quando i grandi cadono, il tifo indirizza gli umori, i rancori, i sentimenti. Un po’ di memoria, per fortuna, mi è rimasta: e allora, chapeau.

A Santos è mancato un centravanti di sfondamento: o di area, almeno. A Martinez, contro gli azzurri, potrebbero mancare De Bruyne (6,5) ed Eden Hazard, afflitti da acciacchi a una caviglia e ai flessori. De Bruyne, speronato da Palhinha (6), era stato l’interruttore di un Belgio attento, ordinato, rispettoso degli avversari. Non ha il dribbling circense di Eden: ha il fisico, il lancio, il radar. Dei portoghesi, che avrebbero meritato il pareggio, Renato Sanches (7) non poteva non calare alla distanza, viste le bombole che da sherpa ha trasportato e distribuito, mentre Bernardo Silva (5), Diogo Jota (5, per aver sciupato un paio di raffiche da feritoie tutt’altro che scomode) e Bruno Fernandes (5) sono stati piccozze fragili. Meglio, al limite, i terzini: Dalot (6) e Guerreiro (6,5).


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