Non era Kinshasa, non era Ali contro Foreman, ma era pur sempre il nostro «mondiale» dei pesi massimi. Inghilterra-Germania. A Wembley, con 45 mila a sbraitare. Ha vinto la solida Albione: 2-0. Nessun dubbio che Southgate (7) bene abbia fatto a inserire, a un certo punto, Grealish (6,5), la sua pila. Ha contribuito all’azione del gol di Sterling (7 meno), rifinita dal tocco dell’indiavolato Shaw (7), e firmato l’assist per il raddoppio di Kane (7). Harry, sin lì, era ancora a zero. Faceva lo sherpa, scalava gli speroni più impervi, attendeva e rifocillava i colleghi, in versione «generoso Graziani».
Il punto è un altro. Non il centravanti spazio o lo spazio tout court. Non l’addio di Loew (8), vice campione d’Europa nel 2008 e campione del mondo nel 2014 con quel prefisso là , 7-1, che i brasiliani comporranno finché campano. Non le lavagne dei circhi, e neppure i «corti musi» dei tirchi. Non la mossa che spiazza o il cambio che sabota. Non i geni ai quali dedichiamo correnti filosofiche ma poi guai se, sul mercato, non gli prendiamo questo o quello.
Il punto è l’attimo. Un pugno di minuti dopo aver sbloccato il risultato, Sterling imbecca, per caso e per sbaglio, Havertz (6,5). Il quale, per scelta, serve Thomas Muller (4). La difesa sta uscendo, il tedesco è solo, arriva davanti a Pickford (7) e lo sfida. Un rigore in movimento. Sterling si tiene la testa, come se avesse già visto «quel» film e ne conoscesse il finale.
No, era un altro. Si perde a fil di palo, il proiettile di Muller. E il destino si compie. Raddoppierà Kane, Pickford potrà pensare, serenamente, alle belle parate su Werner (5) e Havertz; Hummels (6,5), a un paio di acrobazie salvifiche; i tabloid, a una «guerra» vinta, finalmente, in un tripudio di vignette e sfottò.
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